Larice, in dialetto "lárasc" è una pianta che in autunno si tinge di giallo e da sempre materia prima per la cultura locale.
Foto copyright Samuel Confortola
L’ autunno in montagna è davvero una stagione meravigliosa, i boschi si tingono di colori caldi dal giallo all’arancio e tutto si prepara per accogliere l’inverno.
Lo sa bene la natura quando è il momento di cambiare, le temperature che pian piano diventano sempre più fredde, invitano il territorio a modificarsi, i prati ingialliscono, l’acqua inizia a scorrere meno copiosa nei ruscelli e le piante iniziano a cambiare colore.
Se guardate attentamente nei boschi di Livigno vi accorgerete però che solo una specie si tinge di giallo e arancione, si chiama Larice.
Il Larice è una conifera, molto comune sulle Alpi e cresce a quote elevate. Grazie al suo grande spirito di adattamento ha trovato a Livigno il suo habitat ideale. Ci sono boschi incantati di larici secolari, i più anziani raggiungono i ‘700 anni di età!
Pensate che tra la flora italiana, sono l’unica specie di conifere che non è sempreverde ma caduca, poiché si spoglia delle sue foglie, in autunno e in inverno, proprio per questo è definita una specie “decidua”.
Non si sa con esattezza quando la valle di Livigno cominciò ad essere abitata dagli uomini: di certo i fitti boschi di larici, così caratteristici di questo scorcio di Alpi, si sono rivelati utilissimi per sopravvivere in un ambiente rigido e avaro di risorse.
Si narra che tra il 1200 ed il 1400 i boschi di Livigno subirono molti tagli per la creazione del carbone necessario per alimentare le ferriere presenti nelle vicine aree di Cancano e Premadio. In alcuni boschi della Val Saliente sono infatti ancora visibili aree in cui il bosco non ricresce perché luogo di carbonaia o carbonèir in dialetto Livignasco.
Veduta panoramica di Livigno e il bosco decimato. Gli alberi erano preziosi per la costruzione di case e oggetti, oltre che per scaldare e cucinare. Inoltre intorno al 1300 gli alberi vennero tagliati per alimentare le ferriere delle vicine Cancano e Premadio.
Pian piano ci si rese conto che la risorsa legno era un bene prezioso ed i tagli sono stati sempre più controllati e contingentati, cercando di non sprecare nemmeno un ramoscello!
Il larice è un albero dal legno duro e resistente, con una vena più marcata rispetto ad altri legni tipici della zona (cirmolo e abete). Presenta nodi molto compatti e, nel tempo, marcisce lentamente, tendendo a scurirsi. Per queste sue caratteristiche, fin dal passato più remoto viene utilizzato in edilizia, soprattutto per le coperture, i pavimenti e qualche serramento.
I tetti dovevano essere robusti e, allo stesso tempo, efficienti nel sostenere il peso della neve che vi si accumulava in inverno: proprio per questo, nelle parti centrali più sollecitate, si posizionavano piccole scandole leggere e resistenti, una sull’altra con grande perizia. Queste tegole, simili a fogli di legno, erano ricavate dagli scarti del tronco non più utilizzabili per tavole e capriate, in modo da non sprecare nulla.
Un anziano ci ha rivelato che, per realizzare scandole e scandoline, i larici provenienti dal Bosc’ch dal Resc’tèl erano in assoluto i migliori.
Una Tea, ossia una baita tipica di Livigno, con il tetto realizzato con scandole di larice
Anche le stalle erano quasi interamente costruite in larice, dato che questo legno è molto resistente all’umidità: pensate al clima che si creava nell’ambiente dove gli animali rimanevano per tutto il gelido inverno!
Nel corso dei secoli il fiume Spöl (Aquagranda nel passato) ha creato non pochi grattacapi alla gente del luogo, esondando e creando disagi notevoli: una soluzione efficace fu quella di posizionare lungo le sponde del fiume degli argini artificiali, chiamate cipèda, costituite da tre porzioni di tronco di larice conficcati nel terreno, per tentare di contenere in parte la furia dell’acqua.
Per quanto riguarda la mobilia, per sedie, tavoli e panche si utilizzava il larice, mentre per cassettoni, armadi, testiere del letto e rivestimento delle belle sc’tue si prediligeva il legno di cirmolo, più morbido e profumato.
I larici non erano utilizzati solo per il legname: la sua resina, detta larghè, raccolta in primavera praticando un’incisione nel tronco, veniva impiegata come unguento per tagli e ferite o come cataplasma per la tosse.
I licheni che crescono sul suo tronco e sui rami, chiamati bàrba da làrasc, filamentosi e di un verde giallo pallido, venivano utilizzati per tingere i tessuti di un giallo paglierino, oppure come esca per accendere il fuoco. Anche la parte interna della corteccia, caratterizzata da un colore rosso intenso, era impiegata nella tintura delle fibre tessili
Presso il Mus! Museo di Livigno e Trepalle, è possibile ammirare una stanza che contiene utensili d'epoca che venivano adoperati sopratutto durante i mesi invernali per la lavorazione del legno e la realizzazione di mobili e oggetti di vita quotidiana.
Il larice è una pianta che colora le stagioni e grazie alle sue proprietà è stata utile risorsa per la comunità. Al MUS!, il Museo di Livigno e di Trepalle, è infatti disponibile un'ampia collezione di utensili e mobilia direttamente dal nostro passato. Qui potrete trovare aneddoti storici ed immagini d'epoca che raccontano come la valle di Livigno è cambiata negli anni, grazie anche al taglio dei larici. Per rimanere aggiornati sugli orari di apertura del MUS! vi invitiamo a consultare il sito: https://www.livigno.eu/museo
Volete vedere i più bei boschi di Larice di Livigno? Vi consigliamo di leggere questo articolo, dove vi consigliamo i migliori percorsi alla scoperta dei colori dell’autunno!